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30/06/2009
un sogno all'inferno
Nel 1980 Claude Michel Schönberg compose un musical tratto da 'I miserabili' di Victor Hugo.
Lo intitolò, appunto, Les Misérables, conosciuto anche come 'Les Miz'.
I testi furono scritti da Alain Boublil.
La rappresentazione parigina dello spettacolo ottenne un modesto gradimento del pubblico e il musical sembrava destinato a una rapida sparizione dalle scene.
Lo notò invece un produttore anglosassone, Cameron Mackintosh, che ne volle realizzare una versione in inglese: fece cambiare sceneggiatura, testi e orchestrazione, trasformando radicalmente l'originale.
Il 'nuovo' spettacolo ottenne un successo strepitoso sia nel West End londinese, sia a Broadway: venne tradotto in più di 20 lingue, fu rappresentato in tutto il mondo e diventò uno dei musical più visti e apprezzati della storia.
La trama della pièce è nota, essendo una volgarizzazione del capolavoro di Victor Hugo.
Ne offro quindi solo un breve cenno.
La storia è ambientata nella prima metà dell'800, tra la fine di Napoleone Bonaparte e l'ascesa di Napoleone III°.
Il protagonista principale è Jean Valjean, un ex galeotto vittima di una giustizia che, come spesso accade, è piuttosto dura con chi non ha mezzi ed è nel bisogno.
Attorno a lui ruotano una miriade di altri personaggi: tutti presi e quasi sopraffatti dalle contingenze quotidiane, tutti portati, volenti o renitenti, dal vortice della vita e dalle passioni incontenibili dell'animo umano.
Jean Valjean, tra arresti e barricate, fughe e imprese di vario tipo e segno, riesce alla fine a garantire alla figlia adottiva Cosette un avvenire e un matrimonio che in qualche modo riscattano le sofferenze e le morti di tutta la storia e schiudono a un futuro che potrebbe essere meno tetro e doloroso.
Una delle figure più drammatiche e dolenti di tutta la vicenda è Fantine, ragazza madre povera e senza mezzi, che arriva a prostituirsi per sopravvivere e riuscire a mantenere la sua bambina, Cosette.
Aveva creduto all'amore di un uomo che l'aveva sedotta, messa incinta e poi abbandonata costringendola a vendere persino i capelli, pur di procurare il latte alla sua piccola.
Al mezzo soprano che nel musical interpreta la sfortunata Fantine, è affidata ad un certo punto l'aria 'I dreamed a dream' che, ultimamente, è stata resa famosa dall'interpretazione della sconosciuta Susan Boyle.
Il testo è molto bello, la musica lo esalta, le interpretazioni delle cantanti liriche lo rendono addirittura sublime.
Lo riporto aggiungendovi qualche estemporanea considerazione.
There was a time when men were kind
When their voices were soft
And their words inviting;
There was a time when love was blind
And the world was a song
And the song was exciting:
There was a time
Then it all went wrong.
E' la strofa introduttiva che riassume il testo successivo e condensa in poche, espressive frasi, l'intera atmosfera.
Fantine è stata abbandonata dal suo uomo, dall'uomo che ha amato e in cui aveva creduto: è sola, povera e scacciata da tutti.
Non può ancora parlare con la sua creatura e allora si rifugia nel sogno, si abbandona al ricordo, si affida alle perorazioni, ai desideri, alle brame impossibili.
Sogni meravigliosi, intensi e forti: che non riescono tuttavia a soffocare la consapevolezza dell'oggi, ad annullare un presente prosaico e tetro che sembra voler far piazza pulita anche dei sentimenti più nobili.
C'è stato un tempo …
Ma tutto si è guastato.
I dreamed a dream in days gone by
When hope was high and life worth living;
I dreamed that love would never die
I dreamed that God would be forgiving.
Si sogna quando la speranza è forte e la vita è piena di prospettive.
Si pensa che l'amore sia eterno e che niente di quel che facciamo abbia conseguenze negative irreparabili.
In ogni caso è importante, nella vita, che ci sia almeno un periodo in cui si sogna a briglia sciolta.
In cui tutto appare positivo e niente sembra inaccessibile.
Miliardi di bambini ignorano i sogni e conoscono molto bene gli incubi.
Miliardi di giovani non hanno il tempo materiale per sognare, non hanno contenuti per il loro sogni.
Then I was young and unafraid
And dreams were made and used and wasted;
There was no ransom to be paid
No song unsung, no wine untasted.
Quando si è giovani si sogna senza limiti.
E' uno degli aspetti più belli della giovinezza.
I giovani hanno la forza dell'improntitudine e della libertà.
Sognano sempre e tutto: in particolare l'amore e la vita futura che costruiscono e rimodellano senza soste, senza timori né preclusioni.
Quando si sogna si girano un numero infinito di film: a costo zero ma con un impatto psicologico enorme.
Durante l'adolescenza e nella giovinezza i sogni sono il sale dell'esistenza.
E' necessario che i ragazzi sognino.
Ed è giusto che, nel sogno, non si neghino niente.
But the tigers come at night
With their voices soft as thunder
As they tear your hope apart
As they turn your dream to shame.
Poi viene la notte, la dura realtà: arriva sempre il tempo della prosa.
Ahimè, nessuno lo vorrebbe ma è inevitabile.
Ecco le preoccupazioni, i dolori, le sofferenze, le tigri, che avanzano quando la luce comincia a scemare, irreali tanto da sembrare suadenti, almeno all'inizio, in realtà terribili come la tempesta.
Spazzano via la speranza e trasformano i sogni in vergogna.
Sì, perché quando si è sognato il meglio, dovendo poi vivere tutt'altre situazioni, quasi ci si vergogna per essere stati tanto deboli da cedere alle illusioni.
E qui le cantanti si soffermano su 'shame', la ribadiscono e la enfatizzano quasi a voler ridicolizzare i sogni del tempo trascorso.
(Fantine ha cozzato contro una realtà durissima ma c'è da augurarsi che nessuno smetta mai di sognare, perché il sogno è uno dei più importanti motori della vita, non solo della giovinezza)
He slept a summer by my side
He filled my days with endless wonder
He took my childhood in his stride
But he was gone when autumn came.
Assieme alla strofa introduttiva questo è il brano che Susan Boyle non ha cantato.
Certamente per esigenze interpretative e di tempo: ma chi conosce la sua biografia penserà che non è un caso che la matura Susan non abbia cantato proprio questa strofa.
Che canta l'amore e il rapimento, l'incantamento e la dedizione totale a un partner.
Che, però, è fuggito all'inizio dell'autunno.
L'autunno non è solo una stagione dell'anno, è anche una condizione psicologica: rappresenta l'epilogo della festa, la fine di tutte le sbornie, il momento delle decisioni e dell'impegno.
Chi prima aveva solo giocato, con l'avvicinarsi dell'autunno sparisce; chi aveva sognato ma anche meditato e riflettuto, con l'autunno comincia una nuova esistenza.
Come il ragazzo vagabondo di cui canta Daolio che proprio in 'una notte di settembre' imprime alla sua vita una svolta radicale.
And still I dreamed he'd come to me
That we would live the years together
But there are dreams that can not be
And there are storms we can not weather.
Eppure non si riesce a far a meno di sognare.
Non si rinuncia tanto facilmente a credere che tutto sia stato soltanto una pia illusione, un parto di una fantasia fervida ed eccitata.
Ci sono sogni che bisogna tener vivi per tutta la vita.
Che ci devono accompagnare dalla culla alla tomba.
Sono i sogni che rappresentano l'essenza stessa della vita.
E ci sono sogni che bisogna saper abbandonare.
Ci sono anche sogni che sarebbe bene non sognare per niente.
Ci sono sogni malati e drogati che rischiano di travolgerci e di perderci.
Sogni che con i loro tentacoli imbrigliano la mente fino a stravolgerla, fino a soggiogarla.
Sogni che, ad un certo punto, non riusciamo più a fronteggiare: di cui possiamo solo restare vittime.
I had a dream my life would be
So different from this hell I'm living
So different now from what it seemed
Now life has killed the dream I dreamed.
Nessuno sogna la vita che poi gli toccherà.
Tutti sognano un'esistenza molto diversa da quella che poi vivranno.
E' nella logica delle cose che molti sogni debbano essere abbandonati.
La vita, per certi aspetti, è inesorabile e implacabile: uccide molti dei sogni migliori che si sono sognati.
La vita uccise tutti i sogni che Fantine aveva sognato, consegnandole uno scampolo di esistenza infelice e senza speranza.
La vita, molto spesso, uccide tutti i sogni che i giovani più sfortunati riescono a sognare.
Eppure dai sogni di Fantine è nata Cosette, che certo non è la madre, ma che di quella esistenza è in ogni caso parte e componente essenziale.
Cosette sarà il bagliore di uno dei sogni che la madre aveva sognato e che, nonostante tutte le disavventure, riuscirà a farsi largo e ad aprirsi una breccia nella vita.
I sogni non si realizzano, meno che mai quelli dei ragazzi che nascono e crescono negli slums delle metropoli del terzo mondo: eppure c'è sempre un Jamal che riesce a sfuggire alle grinfie del destino e a trovare il suo posto nella vita.
'Uno su mille ce la fa' ma nessuno può dire chi sarà quell'uno: per cui tutti possono esserlo.
E' fisiologico che la vita uccida molti dei sogni che si sono sognati.
E' essenziale che non li uccida tutti.